Ordinanza n. 204/99

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ORDINANZA N. 204

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI           

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 37, comma 1, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 7 gennaio 1998 dal Pretore di Trento sezione distaccata di Cles nel procedimento penale a carico di V. I., iscritta al n. 184 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1998.

  Udito nella camera di consiglio del 14 aprile 1999 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

  Ritenuto che il Pretore di Trento, Sezione distaccata di Cles, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede come motivo di ricusazione del giudice l’ipotesi in cui questi si sia pronunciato sui fatti oggetto dell’imputazione in una sentenza emessa in altro procedimento anche non penale;

  che il giudice rimettente, chiamato a giudicare quale pretore penale del reato previsto dall’art. 186 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (guida in stato di ebbrezza), premette:

- di avere, prima del rinvio a giudizio, pronunciato, quale giudice del procedimento di opposizione instaurato ex artt. 205 del decreto legislativo n. 285 del 1992 e 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, sentenza avverso il provvedimento di sospensione della patente di guida emesso dal Commissario per il Governo della Provincia di Trento, e di avere accolto il ricorso, annullando il provvedimento di sospensione provvisoria della patente per insussistenza del reato di guida in stato di ebbrezza;

- di essere stato poi chiamato a giudicare quale pretore penale del predetto reato e di avere sollevato, in tale sede, questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede l’incompatibilità del giudice del dibattimento che in precedenza abbia pronunciato sentenza in un procedimento di opposizione a provvedimento amministrativo ai sensi della legge n. 689 del 1981, valutando incidentalmente la sussistenza del fatto-reato;

- che con la sentenza n. 308 del 1997 la Corte costituzionale, pur riconoscendo che nel caso in esame emergeva una situazione di fatto che avrebbe potuto determinare un pregiudizio per l’imparzialità del giudice, aveva dichiarato inammissibile la questione, affermando che nell’ipotesi presa in considerazione – in cui l’effetto pregiudicante scaturiva dal compimento di atti in un diverso procedimento, di natura extrapenale – la tutela del valore dell’imparzialità del giudice andava ricercata negli istituti dell’astensione e della ricusazione, così come attualmente disciplinati, o eventualmente integrati da un intervento della Corte stessa;

- che alla ripresa del procedimento il pubblico ministero aveva proposto dichiarazione di ricusazione perchè l’attuale giudicante, in qualità di giudice civile nel precedente procedimento di opposizione, aveva <<espresso una compiuta decisione, con preventivo esame del merito, della medesima questione oggetto dell’odierno procedimento>>;

  che, sulla base di queste premesse, il giudice rimettente rileva che, allo stato del diritto positivo, la dichiarazione di ricusazione proposta dal pubblico ministero non trova fondamento in alcuna delle previsioni di cui all’art. 37 cod. proc. pen.;

  che, ad avviso del rimettente, il caso in esame <<potrebbe forse rientrare nell’ipotesi residuale delle ‘gravi ragioni di convenienza’ che giustificano l’astensione del giudice secondo la lettera h) del comma 1 dell’art. 36 cod. proc. pen.>>, mentre la dichiarazione di ricusazione del pubblico ministero non rientra in alcuna delle ipotesi tipiche previste dall’art. 37 cod. proc. pen., in quanto tale norma non richiama la lettera h) dell’art. 36, comma 1, cod. proc. pen., nè, d’altro canto, nella lettera b) dell’art. 37 cod. proc. pen. può essere ricompresa in via analogica la situazione in cui il giudice abbia espresso "debitamente" nel procedimento extrapenale una valutazione di merito sui fatti di causa;

  che risulterebbe pertanto violato il principio dell’imparzialità del giudice, in quanto alle parti non é dato disporre dello strumento della ricusazione nei casi in cui la manifestazione del proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione non sia stata espressa "indebitamente", ma nel doveroso esercizio delle funzioni giurisdizionali;

  che tale lacuna comporta, secondo il giudice a quo, la violazione dell’art. 3 Cost., per la irrazionale differenza rispetto al caso disciplinato dall’art. 37, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., essendo irrilevante, ai fini della <<coazione psicologica e motivazionale della forza di prevenzione>>, che la manifestazione del proprio convincimento sia stata espressa "indebitamente" o "debitamente", nonchè dell’art. 24 Cost., <<sia per la ingiustificata limitazione dei poteri difensivi delle parti, sia per la ingiusta prospettiva che si aprirebbe, laddove si ammettesse la celebrazione del processo da parte di un organo giudicante di riconosciuta non imparzialità>>.

  Considerato che, alla stregua del sistema delineato dal codice di procedura penale, competente a decidere sulla ricusazione é il giudice di "grado" superiore – il tribunale, nel caso in cui ad essere ricusato sia il pretore (art. 40 cod. proc. pen.) - e che tale giudice, per espresso disposto dell’art. 41, comma 1, cod. proc. pen., é anche competente a decidere sull’ammissibilità della dichiarazione di ricusazione;

  che questa Corte ha già avuto occasione di intervenire sui poteri del giudice ricusato durante la vigenza del codice di procedura penale del 1930, rilevando che il giudice ricusato non é legittimato a sollevare questione di costituzionalità in ordine all’incidente di ricusazione che lo riguarda, in quanto, diversamente opinando, verrebbe stravolto il sistema che attribuisce esclusivamente al giudice superiore la competenza a giudicare sulla ricusazione e lo stesso giudice ricusato verrebbe abilitato a disporre la sospensione del processo principale, che il legislatore ha invece riservato al giudice competente dopo la valutazione dell’ammissibilità dell’atto di ricusazione (sentenza n. 138 del 1983);

  che alla stregua della disciplina prevista dal vigente codice di procedura penale, che, a differenza del codice del 1930, riserva espressamente al giudice competente a giudicare sulla ricusazione anche la competenza a decidere in ordine alla sua ammissibilità (art. 41, comma 1, cod. proc. pen.), si deve ribadire che il giudice ricusato non può sollevare questione di legittimità costituzionale;

  che, inoltre, il giudice rimettente avrebbe comunque dovuto dare conto delle ragioni per cui non ha ritenuto di doversi astenere per gravi ragioni di convenienza, pur avendo dubitativamente asserito che nell’ipotesi in esame poteva configurarsi la causa di astensione di cui all’art. 36, comma 1, lettera h), cod. proc. pen., che determina anch’essa l’obbligo del giudice di astenersi;

  che la questione sollevata dal rimettente deve pertanto essere dichiarata manifestamente inammissibile, in quanto solo il giudice competente a decidere sulla ricusazione sarebbe stato abilitato a sollevare questione di legittimità costituzionale;

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Trento, Sezione distaccata di Cles, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, palazzo della Consulta, il 24 maggio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 28 maggio 1999.